In un lasso di tempo limitato (1910-1915) si concentra la Mostra di Padova a Palazzo Zabarella, determinante però per veder nascere quello che sarà la prima vera avanguardia del Novecento; il Futurismo.
Che cos’è l’arte? Per dirla con Filippo Tommaso Marinetti, è un “prolungamento della foresta delle nostre vene, che si effonde, fuori dal corpo, nell’infinito dello spazio e del tempo”. A Padova, fino al 26 febbraio 2023, questa effusione artistica invaderà le sale di palazzo Zabarella.
Oltre 120 opere provenienti da gallerie e collezioni internazionali – da Boccioni a Balla, da Carrà a Depero – per un obiettivo ambizioso: ricostruire le origini del movimento d’avanguardia italiano per eccellenza, che ha segnato profondamente le ricerche dell’arte occidentale della prima metà del Novecento.
Come tutti i movimenti di rottura anche il futurismo nasce da una tradizione avanguardistica, come ad esempio quella del Divisionismo che, fin dalla fine dell’Ottocento, era considerato un linguaggio pittorico d’Avanguardia. E poi il Simbolismo, che era il movimento spiritualista in cui il ragionamento che sta dietro la pittura costituisce l’altro grande momento di legame del Futurismo con l’arte del suo tempo”.
“Restringendo l’arco cronologico – spiega il curatore – siamo riusciti ad affrontare in modo sincronico, in otto sezioni molto calibrate, tutti i temi chiave del Futurismo, come lo spiritualismo, il dinamismo, la vita moderna, la simultaneità, il polimaterismo, le Parolibere, la guerra.
I Futuristi guardano al Divisionismo al punto da dichiarare, nel Manifesto del 1910, tutta la loro ammirazione per i pittori di questa corrente. Si approprieranno della loro pennellata, senza tuttavia nascondere la loro attrazione per le forme sintetiche, per la scomposizione dei piani e la distruzione della prospettiva del Cubismo e senza dimenticare che dal Neoimpressionismo prendono in prestito la luminosità cromatica e dai Nabis il simbolismo dei temi. Partendo da questi presupposti tecnici il Futurismo rompe con gli schemi del passato, assurgendo anche a precursore di idee ed esperienze del Dadaismo, delle avanguardie russe e delle neo avanguardie del secondo Novecento.
Diventa così l’interprete di una vera “rivoluzione” artistica che insegue l’ideale di un’opera d’arte “totale” che supera i confini angusti del quadro e della scultura per coinvolgere tutti i sensi, facendo del massimo contrasto cromatico, della simultaneità, della compenetrazione i suoi tratti salienti.
“L’influenza che il Futurismo avrà sul Novecento – conclude il curatore della mostra Fabio Benzi – è evidente nel 1915 proprio con il Manifesto della Ricostruzione futurista dell’Universo che è la sortita dell’estetica dal dipinto all’universo circostante. Tutta quell’arte del Novecento, ma anche quella recente, che non si esprime attraverso il quadro ma attraverso performance, modulazioni del territorio, trasformazioni della realtà, il design, nasce proprio con il futurismo”.
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